Nell'Ottocento la società era certamente maschilista: l’origine di questa cultura forse risale alla preistoria, ove la forza fisica prevalente nel maschio ha marginalizzato il ruolo della donna. Ma nei secoli il fenomeno si è esteso anche ai ruoli culturali, escludendo la donna da attività quali l’insegnamento, la pittura, la medicina e le mansioni di comando sociale.
Questo stato di cose ha iniziato a modificarsi solo all’inizio del Novecento. Troviamo la presenza di maestre che però, seppure a parità di ruoli, percepivano uno stipendio decisamente inferiore a quello dei maestri. Nel campo della sanità, sino alla metà del Novecento, il ruolo del medico era ancora sostanzialmente maschile; solo le levatrici erano donne, professione alla quale potevano accedere disponendo di una licenza di terza elementare e un successivo corso di specializzazione.
I falegnami, i fabbri, i muratori e i carrettieri erano esclusivamente uomini, mentre le faccende domestiche, la preparazione dei pasti e la cura dei bambini erano compiti esclusivamente femminili.
Nell’agricoltura generalmente i lavori più pesanti spettavano ai maschi, mentre quelli più leggeri alle donne. Questo principio era seguito solo in parte: lo sfalcio dell’erba, certamente faticoso, era compito maschile, mentre la mietitura del grano, che non era certamente leggera, era svolta quasi esclusivamente dalle donne. Così la gestione delle macchine, come le seminatrici, o la guida dei trattori erano attività prettamente maschili e non certo per ragioni di forza, bensì per una questione di prestigio. Infine sia l’uso del rastrello, relativamente leggero, sia l’uso della zappa, molto faticoso, erano affidati alle donne.
I MANCINI
Nell'Ottocento e nel primo Novecento essere mancini era un difetto che andava corretto e, a volte, i genitori legavano il braccio sinistro dietro la schiena per obbligare il ragazzo o la ragazza a far uso del braccio destro. In alcuni casi si sono costruiti attrezzi per mancini, come ad esempio i falcetti per mietere il grano.