PREMESSA AREA "AGRICOLTURA"
EVOLUZIONE AGRICOLTURA
A fine Settecento l’agricoltura non era molto diversa da quella dei secoli precedenti, Il bestiame viveva nei pascoli, la principale produzione agricola era di tipo foraggero favorito dalla diffusa presenza di canalizzazioni irrigue. La coltivazione di granaglie, uva, legumi , prodotti orticoli e canapa erano limitate alle esigenze del consumo locale. Prevalevano i latifondi, in particolare quelli della Chiesa e quelli nobiliari; la popolazione, certamente abbastanza povera, era al 90% addetta all’agricoltura.
Nell’Ottocento ha inizio una vera e propria rivoluzione, l’allevamento bovino diventa stanziale, con la costruzione di stalle a posta fissa e abbinate a queste case agricole con pollai e porcili, il contadino non divide più la propria cucina con gli animali. Cresce il parco bestiame e con esso il numero di caseifici, la coltivazione diventa più intensiva e produttiva, si riduce l’atavica fame del contadino e con questa cresce la popolazione. Verso la fine secolo l’importazione di grano dalle Americhe riduce la produzione locale: cresce così la disoccupazione che genera una forte ondata di emigrazione verso le Americhe. Verso fine secolo la coltivazione della vite passa gradualmente dalle viti maritate ai filari e si avvia la coltivazione del pomodoro e della barbabietola da zucchero. La tecnologia, già ben diffusa negli Stati Uniti e in Inghilterra, raggiunge anche il Comune di Montechiarugolo, con le prime trebbiatrici azionate da motori a vapore.
Col primo Novecento la rivoluzione industriale raggiunge anche le nostre campagne: la coltivazione del pomodoro fa nascere decine di fabbriche per la lavorazione della conserva, la fienagione vede gradualmente le falci cedere il passo alle falciatrici meccaniche, i rastrelli e i tridenti sono sostituiti da voltafieno e rastrelloni, prima trainati da animali, poi da trattori. L’aratura abbandona gli aratri in legno per gli aratri in ferro, prima mono poi bi e tri vomere. La zootecnia fa passi da gigante con la selezione delle razze che, dalla tipologia locale, passano alle svizzere poi alle olandesi, con produzioni unitarie che dai 10 15 litri giornalieri pro capite passano rapidamente ai 40 e oltre litri. L’irrigazione si avvia a ridurre l’uso dei canali e dei fossi in favore dei pozzi e delle tubazioni metalliche per l’irrigazione a scorrimento prima e a pioggia poi. La coltivazione del grano si avvale della semina meccanizzata e la mietitura non è più manuale ma utilizza le mietileghe. La coltivazione della canapa sostanzialmente cessa con la fine della seconda guerra mondiale. Le nuove stalle dell’Ottocento sono sostituite da nuove strutture molto più grandi, dotate di metodi di abbeveraggio distribuiti sulle varie poste, sistemi di estrazione del letame automatizzati e sistemi di mungitura altrettanto automatici. Quel 90% di popolazione che operava sui campi a fine Ottocento si prepara a diventare un 10% a fine Novecento.
NON SI BUTTA VIA NIENTE – Certamente è una frase legata alla povertà che spingeva al recupero di oggetti che perdevano la loro funzione originaria per rotture o consumo e venivano riciclati per altri usi, come le lame delle falci che a fine vita diventavano falcetti da fienile o lame per coltelli da cucina. Ma spesso era la perseveranza nell’utilizzo che oggi stupisce, come vanghe e zappe che, presumibilmente, sono state utilizzate per secoli.
ATTREZZI MANUALI, DESTRI E MANCINI - Molti attrezzi agricoli, come martelli o badili, hanno un utilizzo che non presenta problematiche per i destri o i mancini. Ma per una falce che nell’impostazione normale si utilizza spostandola da destra verso sinistra, e utilizzando la mano destra per dare forza, un mancino è fortemente svantaggiato, per questo sia per le falci, che per i falcetti (missori) per il grano si realizzavano, seppure in quantità molto limitate, falci e falcetti speciali Per i falcetti ove l’orientamento dipendeva solo dalla posizione del rinforzo sulla costa della lama che naturalmente doveva trovarsi rivolto verso l’alto nel movimento di taglio, si realizzarono elementi ambidestri aumentando lo spessore della lama ed eliminando la costa. Un altro strumento che presentava esigenze di adattamento era la vanga, in particolare la posizione della staffa sulla quale spingeva il piede, ma qui non esistevano problemi di costruzione, bastava fissare la staffa sul lato destro per alcuni, o su quello sinistro per altri.
IL CICLO DELLA FIENAGIONE - Sino ad alcuni decenni del Novecento il ciclo della fienagione era totalmente manuale: iniziava con lo sfalcio, l’essicazione, la raccolta del fieno sul carro, il collocamento nel fienile e il successivo prelievo dal fienile per l’alimentazione delle mucche. Tra uno sfalcio e l’altro si provvedeva all’irrigazione grazie ai canali di cui il Comune di Montechiarugolo era dotato già da secoli. La concimazione nell’Ottocento con la stabulazione delle mucche nelle stalle, era del tutto naturale, grazie alla creazione di terricciate a base di sterco che veniva sparso sui prati durante l’inverno. Tra le due guerre mondiali arrivano le macchine a traino animale come falciatrici, rastrelli e voltafieno. Successivamente la meccanizzazione e la motorizzazione sono sempre più spinte e, in pratica, dallo sfalcio sino al posizionamento del fieno nella stalla, non vi è più una sola attività manuale. Vediamo il dettaglio .
LO SFALCIO – Il mezzo col quale si falciava l’erba era la falce composta da una lama d’acciaio affilatissima, fissata sul gambo in legno con un anello di ferro (la vera); sul gambo erano fissate anche due leve: i gambetti.
COME SI USAVA LA FALCE – La mano sinistra teneva il gambetto vicino alla lama, la mano destra si poneva sull’altro gambetto. La lama veniva posta rasente il terreno, e l’operazione di sfalcio avveniva spostando la falce da destra verso sinistra, con la punta della falce che entrava nell’erba alta, quindi la lama, lambendo il terreno, tagliava. Con il riposizionamento della falce verso destra, l’erba tagliata scivolava dalla lama e formava un mucchietto sulla sinistra, che con l’avanzamento dell’operatore e il ripetersi del movimento di taglio, formava una cavalla. Si iniziava alle prime luci dell’alba e si proseguiva con brevi pause per bere il mezzo vino sino alle undici del mattino, poiché un lavoro così pesante non era sostenibile con le temperature del mezzogiorno o del pomeriggio. Nei poderi di una certa dimensione la squadra di falciatori era composta da 3 a 5 persone, che si disponevano a scalare di due metri uno dall’altro, e ognuno lavorava su un ipotetico corridoio di circa un metro, il passaggio della falce andava da destra verso sinistra per cui l’erba tagliata formava una cavalla sul lato sinistro, lasciando libero il lato destro sul quale lavorava il secondo, poi il terzo e così via. E’ evidente che quando si creava una squadra di falciatori dovevano essere inevitabilmente tutti destri.
Schema di gruppo | Operai in procinto d’iniziare lo sfalcio che stanno dando la pietra |
SET DI MANUTENZONE DELLA FALCE - La falce era uno strumento efficace, ma richiedeva una manutenzione costante. Erano necessari frequenti passaggi con la pietra affilatrice e, dopo alcuni giorni d’utilizzo, si doveva battere la lama con il martello su un apposito ferro per assottigliarla.
Preda e coder per affilare | battitura della falce | Socca con ferro e martello per battere |
L’Essiccazione – Per farla essiccare, l’erba doveva essere stesa sul prato utilizzando il tridente e solo dopo due o tre giorni, quando il sole aveva fatto il suo compito, si passava col rastrello ( operazione generalmente assegnata alle donne ) per ammucchiare quello che era ormai fieno in cavalle distanti tra loro alcuni metri, in modo da consentire il passaggio del carro di raccolta. Di rastrelli esistevano due tipologie :
Rastrello base – Realizzato completamente in legno, aveva una traversa sulla quale si imperniava un manico lungo e dritto. Sulla traversa erano fissati ad incastro i denti appuntiti, con una lieve curva verso l’operatore. Il numero di denti poteva variare da 12,14,16 e 18.
Rastrello a denti distanziati – Non serviva per il fieno, ma probabilmente per la raccolta di sterpaglie.
Rastrellina – Era un rastrello più largo del nomale, con manico corto e decisamente inadatto per la normale rastrellature, ma diventava invece molto efficace per la raccolta di finitura, dove restava poco fieno e con un rastrello normale si sarebbe impiegato più tempo.
RASTRELLO |
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Elemento |
Materiale |
Dimensione |
Manico |
Legno |
Lunghezza circa 2 metri |
Corpo |
Legno |
Lunghezza 80 cm |
Punte |
Legno |
Lunghezza 10 – 15 cm |
La raccolta – A rastrellatura terminata arrivava il carro, con tanto di stanghe per ampliare il pianale, trainato una coppia di mucche o di buoi spesso guidati da un ragazzino. I braccianti, armati di tridente, raccoglievano il fieno dalle cavalle e lo ponevano sul pianale del carro, ove una donna o un ragazzo provvedeva a garantire una distribuzione uniforme. A raccolta ultimata e non prima di una ripulitura e raccolta con la rastrellina dei ciuffi sfuggiti ai tridenti il carro veniva portato sotto al fienile.
Carro in fase di raccolta
Il tridente o forchetta serviva anche per la raccolta e il carico dell’erba fresca appena falciata per l’alimentazione delle vacche.
Carro vuoto con stanghe
Scarico nel fienile - Giunti sotto il portico, si posizionava il carro a ridosso della parete e, con il tridente, si scaricava il fieno nel il fienile. Spesso per garantire meglio la conservazione del fieno si provvedeva a spargervi sopra del sale. Dato che il sale era genere di monopolio e decisamente costoso, per fornirlo all’agricoltura a prezzi accettabili si usava un additivo che lo rendeva rosso e quindi distinguibile da quello da cucina .
Il prelievo del fieno dal fienile per l’uso in stalla– Nella stagione fredda le mucche erano alimentate con il fieno. Si procedeva quindi a tagliare delle fette di fieno utilizzando una mazza, o una falce verticale. Nelle stalle più grosse il fieno veniva tagliato secondo una misura adatta all’alimentazione di una singola vacca, poi questo blocco fissato con un palo (friss) veniva calato da una botola e prelevato da un vaccaro per posizionarlo nella mangiatoia.
La concimazione – La pratica di concimare il terreno con lo sterco delle mucche è relativamente recente per varie ragioni: nel Settecento con allevamenti al pascolo e numero di bovini estremamente limitato non c'era una grossa disponibilità e forse c'erano anche ragioni culturali. La pratica si è quindi sviluppata nel Novecento probabilmente facilitata dalla meccanizzazione e dal forte incremento degli allevamenti bovini, che passano dalle duemila unità dell’Ottocento, alle diecimila di oggi.