PREMESSA AREA "RAGAZZI GIOCHI E SCUOLA"
I GIOCHI DEI BAMBINI
RICORDI DI “un bambino di una volta “ ( Mazzoni ).
”Il luogo consueto ed insostituibile per il ritrovo dei ragazzi ed adulti era la stalla. Il periodo più felice erano i mesi di novembre e dicembre. La nostra stalla preferita era quella di S. Geminiano Sud proprietà Candian, mezzadri fratelli Fochi. Era molto spaziosa e con ampie finestre che davano molta luce . Vi era sempre una posta ( posto mucca ) vuota dove si potevano piazzare un tavolino e le sue sedie senza disturbare nessuno. Ci si andava molto spesso perché mia sorella maggiore aveva in quella famiglia due compagne di scuola. Intanto che la nonna Italina leggeva “Il Conte di Montecristo “ o altri libri, noi trovavamo le carte per giocare a briscola o le cartelle, il cartellone e il sacchetto dei numeri per giocare a tombola. In qualche occasione si presentava un divertimento straordinario: un parente di famiglia, allora quindicenne di nome Barigazzi Mario, il futuro ”Barimar”, era appassionato di fisarmonica e pur essendo giovanissimo era un virtuoso. Le ragazze più grandicelle trascinate dalla musica si mettevano a ballare tra di loro. La sera però si rimaneva nella nostra stalla, meno spaziosa e meno comoda quando nelle ore serali gli animali erano coricati e tranquilli. Le donne per due o tre ore filavano o facevano qualche lavoro di maglia. Avevamo sempre due garzoni in famiglia che vivevano presso di noi. Il più giovane portava degli stivaletti a metà gamba con suole di legno e tomaie di pelle chiamati in dialetto i “sabò” che aveva imparato a costruirseli da solo. La sera veniva nella stalla con due tomaie da cucire con ago, spago e pece. Era però tanta la sua passione per il gioco che appena l’altro garzone proponeva una partita abbandonava il suo lavoro ed iniziava anche lui a giocare sino a tarda sera. In definitiva il lavoro di calzolaio che avrebbe potuto finire in una settimana durava più di un mese.” Dalle memorie di E. Mazzoni
Alcuni dei giochi descritti sono ancora praticati oggi, altri sono presenti solo nella memoria dei nonni.
Lavoretti per bambini – Nel secolo scorso, prima della seconda guerra mondiale, circa negli anni Trenta, per molti bambini c’era il tempo dello studio e quello del gioco, ma in mezzo c’era un tempo piuttosto ingombrante: quello dei lavori. Durante il periodo scolastico fino a giugno, dopo la scuola e i compiti non restava molto tempo a disposizione per i giochi perché i genitori avevano pronti diversi lavori: portare da bere a chi lavorava nei campi, riempire la vasca dell’acqua con il “sambot” per abbeverare il bestiame, custodire la scrofa quando aveva i maialini piccoli perché nel coricarsi non li schiacciasse, raccogliere e sgranare i fagioli dell’orto e tanti altri lavoretti adatti ai ragazzi che variavano a seconda delle esigenze stagionali.
I giocattoli - Nel primo dopoguerra con l'industrializzazione cambiarono rapidamente modi di vivere e società. Per i bambini di città o della periferia i cui genitori erano quasi tutti operai, non c’erano impegni lavorativi e tutto il tempo libero dalla scuola o dai compiti era dedicato ai giochi. La cosa che oggi può sembrare strana è che raramente si usavano giocattoli acquistati, infatti i più fortunati ne ricevevano uno o due all’anno in regalo, ma molti nemmeno uno.
DA UN LIBRICINO LOCALE
I GIOCHI SENZA GIOCATTOLI - Dell’elenco dei giochi seguenti, per ragioni di spazio, si limita la descrizione dettagliata solo ad alcuni.
Streghe – Strega cucèn, strega colori, strega sollevata
Mosca cieca Quattro cantoni Mondo ( settimana) Cavallina
A schiaffetta – Chi era di turno stava con una mano aperta sulla schiena e uno dei tre o quattro dei partecipanti al gioco dava lo schiaffo sulla mano senza farsi vedere. Se il colpito indovinava chi lo aveva schiaffeggiato, questo diventava la nuova vittima, altrimenti si procedeva ad un nuovo schiaffetto. Quando il gioco era fatto tra ragazzi molto giovani poteva essere abbastanza allegro, ma se partecipava qualche ragazzo più grande, diventava un po' più pesante.
Con la neve – L’arrivo della neve era un evento eccitante per i bambini, nonostante non si disponesse di pantaloni lunghi, giacche a vento e nemmeno di guanti. La neve era spettacolo e gioco. Di questi il più diffuso era ovviamente fare a palle di neve, in cui il divertimento stava nel colpire in faccia l’avversario che inevitabilmente si ritrovava la neve nel collo e, a seconda del vestiario, anche nella pancia. Gli slittini, in genere costruiti in casa, erano usati a traino in pianura dove si ammucchiava la neve per fare una pista in discesa. Altro gioco erano le “valanghe”: si iniziava con una piccola palla di neve, la si faceva rotolare fino a formare blocchi del diametro di oltre 50 cm. Un concittadino ci racconta: " Un giorno, guidati da un grande che aveva 12 anni, raccogliemmo tante valanghe che, unite e sovrapposte, formarono una piccola torre. Opportunamente calpestata divenne un blocco che con le mani e le palette scavammo fino a ottenere una specie di igloo che poteva contenere quasi tutta la banda composta da una decina di bambini. La durata fu particolarmente breve, poiché quando una mamma si accorse della costruzione, con urla isteriche, chiamò a raccolta altre mamme che al grido: “potevate morire! “ distrussero in pochi minuti il lavoro di una giornata”.
La pesca – Dalle memorie di Millo Ponzi, ragazzo di Basilicagoiano negli anni Quaranta, apprendiamo che in quel tempo si andava a “grottare nella Spelta”, ovvero si entrava nel canale e con le mani si tastavano le tane ( buchi ) nelle sponde per catturare pesci, anguille e qualche sgradita biscia. Quando poi la portata dell’acqua era molto bassa, si cercava d’isolare la corrente dalle buche, in modo da catturare meglio i pesci generalmente nascosti sotto i sassi. Sempre negli anni Quaranta, Giorgio Casalini ci ricorda che nei rii e fossi di Monticelli, scorreva acqua di sorgente e i bambini andavano in quei fossi per catturare i gamberi. Giorgio … ( il barbiere ) ricorda che nella Zola presso via Ponticelle, lui e l’amico Cucco avevano pescato i pesci rossi. Andava anche per rane nelle sere d’estate con la lampada a carburo, ma una volta il suo compagno si spaventò per la vista di una paciana (un grosso rospo) e istintivamente le lanciò addosso la lampada che ovviamente si spense …
Morra cinese - Sasso, carta, forbice: il gioco si svolgeva fra due persone che si confrontavano lanciando contemporaneamente un nome e un gesto ( mimando il nome) delle tre opzioni possibili. Vinceva chi aveva scelto l’opzione vincente per la coppia chiamata.
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Naturalmente le chiamate dovevano essere contemporanee, altrimenti l’ultimo a chiamare, inevitabilmente, sceglieva la soluzione vincente.
- Carta - Sasso Vince carta perché può avvolgere il sasso;
- Carta – Forbice Vince forbice perché può tagliare la carta;
- Forbice – Sasso Vince sasso perché rompe le forbici
La terra – Nel periodo autunnale i campi arati fornivano abbondante terra malleabile: qualche manciata, opportunamente depurata di radici e sassolini, pazientemente impastata con acqua, era un materiale che si prestava a varie costruzioni: piattini per i giochi da bimbe, macchinine, mini pupazzetti e casette. Raramente i manufatti duravano più di qualche giorno, il record dell’effimero spettava ai “ciocaroli”. Erano dischetti di terra impastata, tenuti in mano in modo da formare una specie di tazzina, che venivano scagliati violentemente su un pavimento liscio. Nell’impatto l’aria della zona concava faceva esplodere il dischetto di terra, emettendo un discreto ciocco.
Pio pes – E’ un gioco che si faceva in riva ad un laghetto o un fiume con acqua placida: si raccoglievano piccoli sassi piatti che si lanciavano rasenti il pelo dell’acqua in modo che schizzassero sulla superficie facendo tre o quattro salti. Era una sfida con se stessi per ottenere il massimo numero di saltelli prima che il sasso affondasse.
Le erbe e i fiori – In primavera non ci si poteva esimere dall’andare lungo i fossi a raccogliere le prime viole, per portarle a casa o regalarle alla maestra. Qualche volta si passavano ore a cercare quadrifogli perché si diceva che portavano fortuna. Qualcuno racconta che da piccolo andava con gli amici a cercare l’erba salina per mangiarne qualche ciuffo. Molto utilizzato era il tarassaco, del quale si raccoglieva il frutto che si soffiava per far volare le decine di semi come fossero piccoli paracadute. Con il gambo, opportunamente spezzato, si otteneva una specie di fischietto. Oppure si divideva il gambo in lunghe strisce che si immergevano nell'acqua per farle arricciare. Altro gioco era il “pirolen sta’ in pé” per il quale si utilizzava il pistillo del fiore di malva che essendo un poco appiccicoso, una volta posato sulla mano, restava facilmente attaccato anche se la mano veniva mossa o capovolta.
I giochi auto prodotti – Le ristrettezze economiche delle famiglie rendevano rari gli acquisti di giocattoli, ed erano già fortunati quelli che ne ricevevano uno o due all’anno, uno per la festa della sagra, l’altro per santa Lucia. A tal proposito Giorgio Artusi ricorda con orgoglio che a nove anni, alla vigilia di S. Lucia, sua madre gli chiese di rinunciare al suo regalo per offrire una caffettiera al padre. Lui, con un comprensibile magone, ma tanto orgoglio, acconsentì. Per colmare queste mancanze si provvedeva alla costruzione diretta dei giocattoli da parte dei bambini medesimi o dei genitori. Alcuni di questi erano particolarmente semplici, come le spade o gli archi realizzati con rami di nocciolo o di gelso, le barchette ottenute intagliando un'asse per appuntire la prua o le bambole fatte con avanzi di stoffa e ciuffi di pannocchia per i capelli. Ma non mancavano gli oggetti più impegnativi come i tricicli in legno costruiti da un genitore o i carretti a cuscinetti prodotti da ragazzi di 10 0 12 anni.
Come accennato i giocattoli acquistati erano bambole, piattini e pentolini, birilli, macchinine di latta, boccette in legno, biglie, figurine dei calciatori e vari altri oggetti.
Tra gli attrezzi scolastici sono certamente curiose le copertine dei quaderni, ma un mondo ormai scomparso è quello della scrittura con le cannucce porta pennini e i calamai ben fissati in un apposito foro sul banco di scuola.