Elenco delle storie
1940 CAMPI NAZISTI DI CONCENTRAMENTO E STERMINIO
-
Periodo StoricoLa Seconda Guerra Mondiale e le memorie
-
Argomento storicoLa Seconda Guerra Mondiale
CAMPI DI CONCENTRAMENTO E DI STERMINIO NAZISTI – L'ideologia nazista esaltava la supremazia della razza ariana e per questo puntava all’eliminazione di individui ritenuti inferiori quali ebrei, zingari e anche malati mentali. Le prime esperienze di eliminazione furono eseguite nel 1939 con l’uccisione di circa 70.000 persone affette da problemi psichici. Con l’ invasione della Russia si presentò la possibilità di avviare l’eliminazione di massa di ebrei russi che in un primo tempo fu attuata tramite fucilazione. Constatato che queste operazioni potevano creare seri disturbi anche ai valenti militari delle SS, si pensò di attivare il sistema delle “camere a gas” ( monossido di carbonio ) già utilizzato per l’eliminazione dei malati psichici. Fu così che vennero organizzati i campi di sterminio, vere e proprie strutture industriali per l’uccisione di ebrei. Questi campi erano dotati di raccordi ferroviari dai quali arrivavano alcune centinaia di vittime al giorno che venivano scaricate e, con estrema razionalità, avviate al centro di accoglienza, cioè le camere a gas. Dopo qualche giorno, quando l’atmosfera delle camere non era più pericolosa, venivano raccolti e sepolti i cadaveri. A Treblinka, ad esempio, vennero uccisi in questo modo circa due milioni di ebrei. Diversi per organizzazione erano i “campi di concentramento” che potevano accogliere prigionieri militari, politici e anche ebrei. Qui gli internati erano utilizzati in stabilimenti o campi di lavoro. Si effettuava una prima selezione dei soggetti adatti al lavoro e si eliminavano i più deboli. Quando gli stenti avevano irrimediabilmente tolto la forza a coloro che lavoravano, si procedeva alla loro eliminazione nelle camere a gas.
I CAMPI DI CONCENTRAMENTO NEL NOSTRO COMUNE – Dal testo unico delle leggi di guerra con decreto reale del luglio 1938 si disponeva tra l’altro che “in caso di guerra, il ministro dell’interno può disporre l’internamento dei sudditi di stati nemici". Dal libro di Minardi “Tra chiuse mura” cogliamo alcune informazioni:
Nel maggio del 1940 il castello di Montechiarugolo venne requisito e adibito a campo di concentramento di popolazione civile: inizialmente una quarantina di ebrei che poi, gradualmente, furono ridotti ad una decina, un'ottantina di inglesi, alcuni slavi e francesi.
Il castello sino ad allora era stato utilizzato come abitazione dalla famiglia dei proprietari e non fu per nulla adattato alle esigenze di circa un centinaio di persone che vi soggiornarono fino al 1943. La sorveglianza era assicurata solo da tre o quattro guardie, poiché gli internati non rappresentavano un pericolo, infatti avevano un permesso giornaliero d’uscita per fare acquisti presso i negozi del paese o per visite mediche; in alcuni casi usufruivano anche di licenze di pochi giorni per raggiungere i parenti. Queste piccole forme di libertà erano dovute al fatto che per gli internati sarebbe stato comunque impossibile attraversare un'Italia fascista e tedesca e raggiungere il confine con la Svizzera. I pasti, finanziati con molta parsimonia dall’amministrazione, venivano preparati e forniti da appaltatori locali e risultavano inevitabilmente scarsi. Diversa comunque era la condizione dei vari internati: inizialmente, gli inglesi e i francesi potevano contare sugli aiuti internazionali, sia per l’alimentazione che per il vestiario. La vita non era facile per vari motivi: si soffriva il freddo e l’igiene era messa a dura prova per le frequenti rotture o intasamenti dei servizi igienici. E questo non produceva solo disagi, ma varie malattie con frequenti ricoveri ospedalieri, alcuni anche all’ospedale psichiatrico di Colorno.
Con gli eventi dell’8 settembre, il direttore del campo informò gli internati del rischio di trasferimento in Germania: questo indusse alla fuga una cinquantina di persone. Il giorno 9 settembre i Tedeschi occuparono il castello e i carabinieri furono sostituiti da tre guardie. Il giorno successivo qualche altro internato riuscì a scappare; il giorno 11 settembre tutti gli internati del castello, direttore compreso, furono trasferiti a Reggio Emilia.
Nel dicembre 1943, a Monticelli Terme, 40 persone, tra donne e bambini di religione ebraica e di nazionalità italiana, slava e tedesca, furono internate nelle strutture alberghiere delle Terme. Il parco probabilmente era circondato da una rete con filo spinato ed archi rivolti verso l’interno .
Il quadro politico era cambiato e il fascismo della repubblica Sociale era un semplice braccio dei tedeschi e, per ebrei e antifascisti, si aprivano le porte dei campi di sterminio nazisti. Il periodo di permanenza a Monticelli fu breve: il 9 marzo gli internati furono trasferiti nel campo di Fossoli, prima tappa del viaggio finale ad Auschwitz.
Testimonianze di locali
Giorgio Gherri - "Eravamo ragazzi, avevamo dagli 11 ai 16 anni circa, per cui quando ci hanno permesso di entrare( dopo il trasferimento dei detenuti ) non ci sembrava vero, perché agli internati arrivavano pacchi attraverso la Croce Rossa spediti dai loro famigliari o dalle loro nazioni; arrivavano le sigarette, il tè, la cioccolata … Spesso riuscivamo anche ad averne, ce ne buttavano qualche pezzo, specialmente giù verso l’Enza, là sotto ci andavamo apposta. Quando siamo entrati c’era chi prendeva una cosa, chi ne prendeva un'altra di quello che avevano lasciato: io ho preso molti libri, una dama e anche l'agenda di un medico, il dottor Speiser, che durante il periodo in cui rimase qui curava chi ne aveva bisogno; mia mamma lo ha chiamato perché avevo il morbillo. Nella prima parte dell'agenda c’erano annotati i suoi appunti, nell’altra parte c’era la rubrica in cui erano segnati dei medicinali … Ricordo che, pur non avendo noi l’autorizzazione, andavamo davanti al cancello per vedere gli internati, ma non era facile perché c’era quasi sempre un guardiano, che era poi un poliziotto in borghese, mi pare che dipendesse dalla Questura; anche durante la sorveglianza era in borghese … Ricordo, inoltre, che quando venivano a gruppi a fare il bagno nell’Enza, accompagnati da un questurino, nuotavano tutti assieme. Anche il questurino faceva il bagno e se qualcuno voleva allontanarsi, glielo chiedeva e bastava che non si allontanasse più di tanto. Un altro particolare riguarda un polacco, di cui non ricordo il nome, che aveva capelli lunghi biondo rossicci, come una donna. All'epoca un uomo con i capelli lunghi ci sembrava che venisse dall’aldilà. Egli aveva l’abitudine di scendere sui ripidi tetti della loggia e lì stava a prendere il sole leggendo un libro e a noi ragazzi faceva una certa impressione. Poi c’erano gli arabi che per tre o quattro volte al giorno si inginocchiavano dicendo le preghiere verso la Mecca. C’erano poi gli indiani con il loro manto bianco avvolto … C’era un tipo strano che camminava sempre, perché stare sempre rinchiusi non era l’ideale per una persona abituata a fare una vita attiva; c’erano anche degli ebrei, gente facoltosa. Tutti noi ricordiamo alcuni fatti che ci avevano colpito. Io ricordo che a Monticelli c’erano dei soldati prigionieri nelle porcilaie della tenuta Gatti, vicino alle chiesette delle Madonnine di Monticelli e alla scuola che adesso è chiusa ( S. Matteo ). Le porcilaie erano abbastanza alte e qui alloggiavano questi militari, mi pare fossero inglesi, che venivano portati a lavorare ora in un' azienda ora in un'altra, anche da Mutti, quando avevano bisogno o durante i lavori dei campi, perché di uomini a casa ce n’erano pochi, quindi c’era bisogno di manodopera. Questi militari erano trasportati con un camion o con un carro, poi la sera li riportavano dentro."
Natalia Chinca: – Gli internati erano tutti brava gente. Mio suocero diceva: " A prenderli uno alla volta sono tutti buoni, ma è insieme che sono matti ". I maltesi, non è che fossero più indisciplinati, erano solo i più giovani ed erano tutti qui a studiare, alcuni non conoscevano neanche i soldi. ( … ) Erano tanto giovani che gli davamo degli scappellotti quando venivano in cucina: “ cosa c’è da mangiare ? “ e se gli agenti se ne accorgevano erano sgridate che prendevamo noi, perché ci dicevano di tener chiusa la cucina, ma c’era una stufa economica accesa, quattro fornelli, due caldaie, c’era da morire lì dentro! I francesi erano tutti un po' su d’età perché erano parecchi anni che erano qui. Gli Iugoslavi sono stati qui poco, erano tutti pescatori e venivano da Venezia; non erano militari, erano tutti civili, ma adesso non ricordo i nomi; parlavano quasi tutti l’italiano. Le mogli degli ebrei avevano il permesso di venirli a trovare una volta al mese, ma non dormivano nel castello, venivano lì da mio suocero e nelle case private. Sono sicurissima che quando sono arrivati i tedeschi non hanno sparato contro il castello, hanno barricato la porta ( risata ) … al portone ci hanno messo contro dei tavoli e delle sedie, ma poi hanno aperto . Contro la caserma sì che hanno sparato, qualcuno dei carabinieri si era tolta la divisa ed era scappato in borghese, ma avevano fatto resistenza perché la caserma era piena di buchi.
-
Data creazioneSabato, 23 Maggio 2020
-
Ultima modificaGiovedì, 02 Maggio 2024