Elenco delle storie
CLIMA IN ITALIA ED ENTRATA IN GUERRA
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Periodo StoricoLa modernità: dal 900 al 1940
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Argomento storicoLa prima guerra mondiale
Situazione che precedette l'entrata in guerra dell'Italia. Tra la fine del 1914 e l'inizio del 1915 vari gruppi e correnti si pronunciarono in favore dell'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa. Da subito i socialisti furono contrari a qualsiasi tipo d’intervento, poiché la guerra avrebbe scaricato i suoi costi e le sue vittime sulla classe operaia. Parallelamente i cattolici erano per principi morali contrari alla guerra e, nella fase in cui l’intervento prevedeva di opporsi all’Austria, c’era un'altra ragione: l’Austria era rimasta l’unica nazione cattolica. Sul fronte interventista, all’inizio fortemente minoritario, premevano le ragioni dalla liberazione di Trento e Trieste. Le nuove correnti intellettuali vedevano la guerra come un' occasione di trasformazione e di rinnovamento e alcuni conservatori pensavano che la guerra avrebbe smorzato l’aggressività del socialismo. In questo coacervo d’idee l’Emilia, e in particolare Reggio Emilia, era fortemente contraria alla guerra, tanto che le manifestazioni scatenatesi contro un comizio dell'interventista Cesare Battisti al teatro Ariosto, non solo impedirono il comizio stesso, ma i disordini furono tali da far intervenire l’esercito: un manifestante rimase ucciso e vi furono vari feriti. In questo clima le varie diplomazie tentavano di coinvolgere l’Italia, ma da parte della Triplice gli sforzi tedeschi non trovavano risposta sufficiente nell’Austria, disposta solo a modeste concessioni (forse Trento, ma non Trieste). Il governo, ben conscio dell’arretratezza del nostro esercito, peraltro impoverito dalla campagna libica, si dedicò ad un'intensa attività di ristrutturazione e investimenti. A livello locale il nostro Comune, a maggioranza socialista, il 9 agosto del 1914 votò un ordine del giorno nel quale si dichiarava “che l’Italia sarebbe rimasta neutrale in questo conflitto”. Naturalmente la prefettura si preoccupò di far annullare detta delibera.
L’ENTRATA IN GUERRA DELL’ITALIA NEL 1915 - In questo clima, ove la parte della popolazione favorevole all’intervento (peraltro in minoranza nel Paese e nel Parlamento) propendeva per l’Intesa, il Governo firmò il patto di Londra che prevedeva la nostra entrata in guerra entro un mese. Il Governo si presentò alle Camere per ratificare il trattato, ma ebbe la minoranza e fu costretto a dimettersi. Purtroppo il re, deciso interventista, rimandò lo stesso Governo alle Camere e queste, per non andare contro il suo volere, decisero a favore del patto con l’Intesa. L’Italia entrava quindi in guerra con il tripudio degli interventisti e malcontento dei socialisti. Le armate italiane, affidate al generale Cadorna, ebbero all’inizio qualche modesto successo, dovuto più al trinceramento austriaco su posizioni favorevoli che a vere e proprie vittorie. Il Cadorna non fece tesoro dell'esempio che poteva fornire il fronte franco-tedesco e regolarmente mandava al massacro migliaia di soldati senza mutare il risultato sul campo. Dopo centinaia di migliaia di morti dalle due parti, il nemico avrebbe dovuto cedere. Sui fronti interni la guerra richiedeva un immenso sforzo dell'industria per realizzare cannoni, mezzi di trasporto e munizioni. La Germania aveva molte risorse poiché la sua struttura industriale, sia sul settore metalmeccanico che su quello chimico, era allo stesso livello di quello americano e non aveva contendenti in Europa; l'Italia, invece, era molto più arretrata anche se stavano sviluppandosi le grandi industrie (ad esempio la Fiat passò da poche centinaia di dipendenti a molte migliaia). Per sostituire gli uomini che erano al fronte si rese necessario ricorrere ad un imponente utilizzo della manodopera femminile, nelle campagne, nelle attività di servizio e nelle industrie.
Da alcune copie del Corriere della Sera (dalla raccolta del concittadino Ugo Bocchi) riportiamo immagini e disegni di argomento bellico del ’17 e la notizia dell’entrata in guerra degli Stati Uniti.
Con la Rivoluzione russa del 1917 la Germania poté trasferire ingenti forze dal fronte russo a quello italiano. La conseguenza fu la disfatta di Caporetto, dovuta certamente alla supremazia dei mezzi austro-tedeschi, ma anche all’incapacità del nostro Stato Maggiore. Eroica, comunque, fu la tenuta sul fronte del Piave e sugli altopiani, ma purtroppo il Veneto rimase irredento e le popolazioni di quelle aree si riversarono verso l’Emilia. La nostra regione, alla fine del ‘17 e nel ’18, era la retrovia del fronte: qui si riorganizzavano i vari corpi dell’esercito, i genieri a Guastalla, la fanteria a Carpi.
Finalmente l’offensiva italiana, affidata al nuovo comandante, generale Diaz, ottenne una grande vittoria a Vittorio Veneto. La guerra stava finendo, ma non furono gli eserciti dell’Intesa a piegare la Germania e l’Austria, bensì la fame che mieteva migliaia di morti nella popolazione. La macchina industriale che alimentava gli eserciti rischiava il blocco. Fu così che la Germania perse una guerra, ma conservò intatto tutto il suo potenziale industriale.
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Data creazioneGiovedì, 21 Maggio 2020
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Ultima modificaMercoledì, 15 Maggio 2024