Elenco delle storie
GIACOMO LANZI
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Periodo StoricoLa Seconda Guerra Mondiale e le memorie
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Argomento storicoLe nostre memorie del 900 da Basilicanova
MEMORIE DI GIACOMO LANZI - Sono nato in Via Fornace (strada attualmente ribattezzata Via Case Nuove) , a Basilicanova, ove risiedo tuttora , il 26 Agosto del 1925. Mio padre era nato nella frazione Casale nel 1897. La strada era chiamata Via Fornace perché, nel 1913, il sig. Corradi ( che aveva sposato una Giovanardi ) vi aveva costruito una fornace, piuttosto grande, e vi lavoravano più fornaciai. La fornace produceva mattoni e il proprietario, anziché buttare nel Parma i mattoni bruciati, li usò per costruire una casa, vicino al Crocile, dove oggi c’è la gelateria. Poi la fornace fu venduta alla famiglia Garsi. Sulla strada per via Traversetolo, in prossimità del Crocile, nella casa dove oggi c’è il fiorista, nel 1925 trovò posto un’aula scolastica per la quarta classe, dato che la scuola elementare (edificio Rugantino) disponeva di sole tre aule. Al piano superiore di quest’ abitazione ( al Crocile ) c’era la sede del Fascio.
Indicativamente nello stesso edificio nel 1911 ha avuto sede la banca del Piccolo Credito Langhiranese. Di questa filiale e della banca stessa si sono poi perse le tracce.
L’edificio che attualmente ospita l’asilo infantile, sul lato est della piazza, fu realizzato nel 1935, come casa del Fascio. La piazza in quel periodo era dedicata a Tancredi Bardiani, squadrista, ucciso nel 1922 a Tortiano.
Nel 1921 arrivò in parrocchia mons. Guerra, originario di Corniglio. Nel 1928 compì il venticinquesimo anno di sacerdozio e il Podestà Ugo Mutti gli organizzò una grande festa, con tanto di cartolina.
Di questo Monsignore esiste una pubblicazione di memorie che riguardano Basilicanova e la sua storia.
Un giorno il Podestà Mutti decise di togliere due grossi alberi dalla piazza, forse per dare il via alla Casa del Fascio, e per questo richiese l’intervento di volontari, ai quali sarebbero poi toccate le radici e i broc ( rami più piccoli). Presero in affitto un trattore e lo usarono per legare l’albero in fase di taglio, per evitare che cadesse sulle case. Si finì poi per tagliare anche gran parte dei tronchi che andarono a chi aveva lavorato. In quegli anni Mutti decise di costruire le nuove scuole di Basilicanova e mio nonno Demetrio gli regalò la terra. Poi nel 1934 Mutti fu destituito perché gli scapoli non potevano essere Podestà e fu quindi sostituito da Garsi, poi da Conforti. I Mutti, i Garsi e i Conforti erano le famiglie più ricche di Basilicanova e comandavano loro.
Ricordo che il maestro Mazza, padre della mia maestra, prima di morire precisò che voleva essere sepolto un metro sotto ai livelli di normale sepoltura, perché non voleva che lo spostassero.
Mi ricordo di un incidente automobilistico occorso al signor Zannoni mentre rientrava da Bologna con la moglie e una ragazzina, Emilia. Non si sa come, andò a sbattere contro l’edificio di Buratti al Crocile e morirono tutti e tre.
Decimo Martelli era arrivato coi genitori dalla montagna. Facevano i quadrellai, ovvero realizzavano i mattoni impastando bene la terra che veniva sistemata in stampi di legno e infine lasciata essiccare protetta dalle stuoie di cannette. Il lavoro era duro e lui preferiva disegnare o dipingere nella sede del fascio. Nel 1943 il Martelli si presentò in chiesa per sposarsi senza giacca, ma con la camicia nera e la futura moglie a capo scoperto. La moglie del sagrestano le prestò un velo e così si sposarono. Nel dopoguerra il Martelli divenne comunista e fece il sindacalista a Parma.
Quando doveva nascere mio fratello nel 1940, mia madre andò all’ospedale di Parma, nel reparto Maternità. Noi eravamo poveri e normalmente si veniva trattati male all’ospedale, ma lì c’era una caposala che di cognome faceva Lanzi come mia madre; non eravamo parenti, ma la caposala disse alla dottoressa che quella era sua cugina e così venne trattata molto bene.
Nel 1939 sono andato a fare il garzone da cascinaio a Pedrignano, dove mi avevano promesso 90 £ al mese, ma, dopo il primo mese, me ne diedero solo 75 perché non avevo ancora compiuto i 14 anni, cosi venni via. Dopo qualche tempo sono andato a lavorare nella fabbrica di conserve dell' ing. Ferrari a Lovetta, ma anche qui mi diedero metà paga, perché avevo 14 anni e in fabbrica ne servivano 15. Un figlio di Ferrari andò in montagna con i partigiani, nella brigata Garibaldi, e divenne comandante, al posto di mio cugino morto. Nella brigata Garibaldi non accoglievano tutti, di solito ci andava chi aveva dei soldi. La fabbrica di conserve chiuse e al suo posto venne Gazza che confezionava abiti, poi Manzini che produceva occhiali, e infine Pastorini e Nicoli con la fabbrica di pentole, tuttora esistente. Al compimento dei 18 anni, nel dicembre del 1943, mi arrivò la richiesta di arruolamento nella milizia. Mi presentai alle autorità, ma mi dissero che dovevo attendere perché non erano disponibili le divise. Le divise arrivarono dopo una settimana, ma erano di tipo estivo in tela. Venni mandato al fronte di Cassino a Sud di Roma, con altri 1200 della provincia di Parma. Qui ci fecero fare dei turni di guardia notturna, armati di un fucile ad un solo colpo mentre i colleghi tedeschi avevano mitra da cento colpi. Un giorno controllammo la munizione del fucile: la polvere da sparo c’era, ma la granisa ( la pallottola di piombo) no: evidentemente i tedeschi non si fidavano molto di noi! In gennaio o febbraio, a seguito di un mitragliamento, venne distrutto il mezzo che ci portava il cibo. Dopo una giornata di digiuno ci rivolgemmo a dei contadini per avere qualcosa e questi ci proposero una polenta, ma dissero che non avevano il sale. La polenta insipida non era il massimo, ma la fame era molto più forte. Dopo qualche tempo, forse a seguito dell’avanzamento del fronte, decidemmo di andare verso casa. Giunti a Roma, c’informarono che i bombardamenti avevano distrutto dei ponti ferroviari e avremmo dovuto fare 100 chilometri a piedi, o trovare un passaggio su un autocarro. Dopo qualche chilometro a piedi, trovammo un autocarro guidato da un graduato che acconsentì a darci un passaggio. Vicino a noi c’era un vecchietto con due grosse valige ed io gli offrii aiuto per caricarle sul camion, ma l’autista disse che doveva arrangiarsi; io le caricai ugualmente e il vecchietto parlò con l’autista il quale, tutto gentile, lo fece accomodare in cabina. Giunti a Firenze andammo verso la stazione per prendere un treno e io continuai ad aiutare il vecchietto con le valige. Giunti in prossimità di un comando militare, ci chiese con quali documenti stavamo viaggiando e gli mostrammo dei fogli che ci eravamo fatti tra di noi. Il vecchietto disse che non erano adatti, ci lasciò le sue valige ed entrò nell’edificio. Ne uscì mezz’ora dopo, ci consegnò due copie di documenti con una serie di timbri e disse: ” Se vi fermano gli italiani mostrate il documento in tedesco, se vi fermano i tedeschi mostrate il documento in italiano”. Proseguimmo il viaggio in treno e a Bologna il vecchietto ci offrì un pasto al ristorante. Ci disse che era il padre di un importante ufficiale di stanza in Iugoslavia e ci invitò a seguirlo al Nord, ma decidemmo invece di procedere verso casa. A S. Ilario lasciai il mio commilitone e mi diressi verso Montechiarugolo, dove mi nascosi in attesa della notte. Quando vidi avvicinarsi un passante lo pregai di far avvertire la mia famiglia. Questi dopo un poco tornò con un pezzo di pane duro come un sasso e mi disse che stavano venendo a prendermi con una bicicletta; così fu ed arrivai a casa. Per un certo periodo mi nascosi nella porcilaia, dove i miei genitori mi portavano da mangiare senza farsi vedere. Una sera in una casa vicina avevano organizzato una festa danzante con un grammofono. Un vicino di casa mi notò e il giorno successivo la milizia mi venne a cercare mitra in braccio, ma fortunatamente non mi trovarono. Dopo qualche tempo venni a sapere che a Monticelli avevano fucilato tre persone perché disertori e qualcuno mi disse che anch’io rischiavo la stessa sorte. Fu così che decisi di andare al passo della Cisa nei partigiani. Anche qui mi diedero un fucile con un solo colpo, evidentemente non avevano piena fiducia nella mia scelta partigiana.
Nel 1944 hanno bombardato il reparto di Maternità di Parma, così per 5 o 6 mesi il reparto fu trasferito nell’area della palestra di Basilicanova e qualche volta la caposala venne a mangiare dalla sua quasi cugina.
Il frantoio qui in fondo alla via fu costruito da un certo Calzolari di Sassuolo nel 1948. All’epoca facevano 6 mc. di ghiaia al giorno. Io facevo il carrettiere e tutto il materiale era caricato a mano. Il carico del biroccio per il trasporto era fatto coi badili. In quel tempo, quando arrivava la primavera, allestivano un guado che dalla nostra via portava sull’altra sponda del Parma.
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Data creazioneMercoledì, 03 Giugno 2020
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Ultima modificaVenerdì, 24 Maggio 2024