Il giovane Mussolini era di idee socialiste: nel 1912 divenne direttore dell’Avanti e nel 1914 fu tra i promotori della settimana rossa, ovvero un’ondata di scioperi attivi particolarmente nella Romagna e nelle Marche. Sempre nel 1914 parteggiò apertamente per l’intervento dell’Italia nella guerra e per questo venne espulso dal Partito Socialista. Nel 1919 fondò i Fasci Italiani di combattimento: alla base vi erano ancora principi socialisti, uniti però a un forte atteggiamento nazionalista.
Nel 1920 si alternarono vari scioperi delle masse contadine e a Bologna le squadre fasciste presero d'assalto il Comune, ove stava per insediarsi una giunta rossa. Bilancio: 10 morti e 100 feriti. A questo punto il partito, che era nato come movimento rivoluzionario, anticlericale e anticapitalista, cominciò ad essere finanziato e appoggiato dai grandi agrari. Le violenze aumentarono e in aprile avvenne il primo omicidio di un operaio nel parmense, a Pontetaro, al quale ne seguirono altri a Parma, a Bianconese, a San Secondo e a Sala Baganza. Nel solo primo semestre del ‘21 le squadre uccisero 77 persone, distrussero 17 giornali e tipografie, decine di Case del popolo e Camere del Lavoro. In questo periodo il partito fascista era fortemente minoritario, ciononostante le sue bande, che agivano a gruppi di decine di persone contro uno o due operai disarmati, uccidevano nell'indifferenza della forza pubblica e con la totale impunità da parte della Giustizia.
C'era da parte degli agrari e della borghesia un forte timore che alcune frange del movimento sindacale potessero proclamare scioperi e provocare disordini, ma questo non giustifica, anche se può spiegare, l’appoggio che l’Esercito, su indirizzo del Governo, dava alle bande fasciste. Nel contempo il mondo sindacale, dopo lo sciopero del 1908, si era profondamente trasformato e poteva contare su quattro organizzazioni. Benché i loro associati fossero le vittime delle azioni fasciste, i sindacati incitavano alla calma e a non reagire alle violenze. A Parma nel luglio del 1921, Guido Picelli fondò l’organizzazione degli Arditi del Popolo per difendere gli operai durante gli scioperi. Organizzò vari comizi, uno dei quali a Tortiano, e intervenne con gli Arditi laddove era necessario proteggere le azioni sindacali.
Forse, se questa organizzazione fosse stata estesa al territorio nazionale, avrebbe potuto rappresentare un freno alle squadracce fasciste, ma nessuna delle forze sindacali appoggiò ufficialmente l’iniziativa.