Elenco delle storie
STORIE DA BASILICAGOIANO
STORIE DA BASILICAGOIANO
- Il fantasma ucciso - Uno scherzo finito in tragedia. Negli anni tra le due guerre durante le lunghe serate invernali, quando l’attività agricola era fortemente ridotta, era usanza riunirsi tra vicini in un' area libera di una stalla, generalmente divisi in tre gruppi: uomini, donne e bambini. Ci si raccontavano storie, si facevano commenti e si giocava. In quei giorni sul far della sera, mentre alcune donne si recavano alle stalle, prese a comparire un fantasma che con urla e svolazzi di lenzuolo spaventava le povere malcapitate. Dopo qualche giorno un signore armato di fucile decise che il fantasma doveva smettere di spaventare le sue donne. Si appostò ben nascosto nel luogo delle apparizioni, e all’arrivo del fantasma gli intimò : “ So che non sei un fantasma, togliti il lenzuolo o ti sparo”. Il fantasma non colse l’avvertimento e continuò ad urlare e ad agitarsi. Un colpo di fucile e il fantasma stramazzò a terra in una pozza di sangue.
- Il furto di galline - Negli anni Cinquanta c’era ben poco da rubacchiare, pertanto i furti sul territorio riguardavano principalmente qualche attrezzo agricolo, i pali delle vigne per farne legna, l’uva , le pannocchie di granoturco e le galline. Ci racconta il sig. Mazzoni Enrico ( dell’omonimo salumificio ) che un giorno di ritorno dalla messa si trovò a scendere lungo via Vallone, ove due carabinieri con una motocicletta scrutavano con atteggiamento perplesso una macchia di robinie ( piante dotate di lunghe spine ). Una soffiata li aveva avvertiti che lì si trovava il bottino di un furto. L’ambiente, tutt’altro che facile, e la proverbiale destrezza dei militi rendevano difficile il recupero : infatti mentre una parte della refurtiva era morta all’interno di un sacco di carta, l’altra fortunatamente si era salvata poiché l’umidità delle loro abbondanti deiezioni aveva rotto il sacco e liberato le galline. Per farla breve, l’intervento di Mazzoni, più esperto di polli dei carabinieri, permise di riacciuffare i polli fuggiaschi e, con la sua Topolino “C” furgonata, fece la consegna in caserma. Da E. Mazzoni
- La manna piovuta dal cielo - Un fatto che le persone anziane ricordano lucidamente avvenne la mattina del 24 aprile 1945. Una colonna di tedeschi in ritirata proveniente dal reggiano attraversò l’Enza appena a valle del ponte inagibile. Vi erano una ventina di robusti cavalli che appaiati trasportavano materiali con veicoli a quattro ruote (che noi chiamavamo “i carrettoni”). I tedeschi furono sorpresi dai caccia americani verso mezzogiorno nel terreno a nord della strada provinciale tra il fiume e il cosiddetto “Montirone” e fu una carneficina. Finita l’incursione aerea, vi erano stesi nel campo circa una ventina di cavalli morti. La popolazione di Montecchio, Montechiarugolo e dintorni sottoposta negli ultimi mesi a scarsità di cibo, pensò che fosse una buona occasione per fare provvista di carne. Iniziò una processione che si protrasse per oltre due giorni : le persone arrivavano con una carriola, un carretto o una semplice bicicletta si mettevano a squartare gli animali sezionando cosciotti, lombi , spalle e tutte le parti migliori degli sfortunati cavalli. In questi due giorni fu una manna dal cielo che gli abitanti ricordano ancora. Alla fine rimasero tutte le carcasse, comprese le teste e le interiora, che furono prontamente sotterrate. Per circa una decina d’anni si poterono osservare nel “campo dei cavalli “ delle chiazze di grano e di foraggio che avevano un colore verde molto intenso, frutto della concimazione coi resti degli animali. (Da E. Mazzoni). Secondo altre testimonianze, non mancarono persone più intraprendenti che provvidero a raccogliere merci, frutto di requisizioni effettuate dai militari, nonché orologi ed altri oggetti dai cadaveri.
- Il parto maschio – Negli anni Cinquanta due bontemponi pensarono di organizzare uno scherzo alla levatrice della zona, persona seria e sbrigativa. Una sera, mentre stava nevicando, telefonarono alla levatrice comunicando che una donna della corte aveva iniziato le doglie del parto che si preannunciava molto difficile. La levatrice si attivò rapidamente e, accompagnata sul posto con un calesse, venne ricevuta e portata nella camera ove la puerpera col volto coperto si lamentava intensamente. Senza perdere tempo prezioso, affrontò il problema dal lato di necessità, ma con grande sorpresa si ritrovò di fronte ad un organo maschile e alle fragorose risate dei due commedianti.
- Il pozzo secco – Un aneddoto simpatico accaduto nella zona negli anni Venti. Viveva a S. Geminiano una famiglia di agricoltori, mezzadri dell' ing. Nazzani. Il capo famiglia, il cui nome era Costa Enrico, era molto credente, ed assiduo nella frequentazione della messa. Camminava soltanto a piedi e, nonostante la notevole distanza, era sempre il primo ad arrivare in chiesa. L’arciprete don Romani raccontò che una mattina d’estate si era fermato in parrocchia per fare una richiesta strana. Il pozzo di casa era rimasto in secca, quindi chiese una bottiglia di acqua santa da versarvi perché, a suo dire, avrebbe fatto tornata l’acqua per la casa e per il bestiame. La domenica successiva disse che l’acqua era tornata. L’arciprete commentò così l’accaduto :“ Io non ho personalmente constatato il fatto, ma devo riconoscere che era un uomo di grande fede”. (Da E. Mazzoni)
- Il cavallo requisito - Anche sul fronte della resistenza le esigenze alimentari e logistiche portavano a requisizioni partigiane. Il sig. Abbati Roberto riporta i ricordi della madre: una sera si sono presentati alcuni partigiani affermando che necessitavano di un cavallo. Pertanto rilasciarono una ricevuta di avvenuto prelievo e se ne andarono col cavallo. Un anno dopo, durante la ritirata delle truppe tedesche che precedette il 25 aprile, un gruppo di tedeschi si fermò in una casa di via Lunga per raccattare cibo ed eventuali atri generi di necessità. Qui chiesero dove avrebbero potuto trovare altre cose, e il padrone di casa disse che Abbati aveva un cavallo ma lo avevano già requisito i partigiani. Quando i tedeschi ripartirono, superata la casa Abbati, spararono alcuni colpi di mitra e rapidamente si diressero verso il paese, ma dopo circa un chilometro si fermarono, piazzarono il mortaio e mandarono due colpi in direzione della casa. Fortunatamente la distanza o la fretta resero imprecisi i tiri e i danni furono modesti. Finita la guerra Abbati andò con la sua ricevuta presso il centro per ritirare il suo cavallo. Al suo ritorno a casa risultava difficile capire se era più felice l’uomo o il cavallo.
- L’autoinvito a cena –Ricordo (Casalini Giorgio) una battuta del sig. Bertani, che in prossimità della festa del 15 agosto, un amico gli disse scherzando : domani veniamo a cena a casa tua, in quattro o in cinque. Il Bertani rispose “Tolì su una scrana e col cav piesa, e mi ag met la tevla”.
Personaggi da Basilicagoiano –
PERSONAGGI DA BASILICAGOIANO
- Mazzali - Vedi nel capitolo “memorie” il quadro tracciato dal figlio
- Don Baioli prete di Basilicagoiano ,
- L’onorevole Andrea Borri -
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CORNELIO GHIRETTI
Il personaggio artisticamente più famoso del nostro Comune è stato lo scultore Cornelio Ghiretti, nato a Basilicagoiano nel 1891 e morto a Milano nel 1934. Figlio di contadini, interruppe gli studi dopo la terza elementare, poiché il padre aveva bisogno del suo contributo nel lavoro dei campi. Al ragazzo, peraltro gracile, non piaceva questo lavoro, e appena possibile, aiutava in una falegnameria e presso un fabbro. Un amico e futuro grande artista, Renato Brozzi, riuscì a trovargli un lavoro in una fabbrica di orologi a Vignale di Traversetolo. Il lavoro di fino gli piacque e cominciò a interessarsi anche al disegno, affiancando nelle ore libere il Brozzi che frequentava l’Accademia di Belle Arti a Parma. Dopo poco fu assunto nella fonderia artistica di Traversetolo e qui, oltre al disegno, iniziò a lavorare di cesello. Un antiquario, signor Baldi, cominciò a commissionargli alcune opere, ma Ghiretti si rese conto che gli mancava la cultura per poter affermarsi pienamente.
- Con l’aiuto di Baldi riuscì a convincere il padre ad iscriverlo alla scuola di Belle Arti, ma prima dovette ottenere la licenza elementare. Il primo anno di scuola realizzò un'opera di cesello molto apprezzata dai suoi insegnanti. L'opera venne acquistata da un signore di Padova che lo invitò a lavorare per lui. Si recò quindi a Padova, ottenne un buon contratto, ma le vacanze e le cattive compagnie lo distolsero dal lavoro e così finì l’avventura padovana. Partì quindi per Milano, dove dopo qualche peripezia riuscì a trovare una buona occupazione, ma un nuovo sogno lo portò a Genova. Qui visse come ospite del sig. Bimbi che lo trattò come un figlio e gli consentì di fare la bella vita senza un reale impegno di lavoro. Rendendosi conto che stava gettando al vento il suo talento nel 1914 riuscì a vincere il Pensionato Nazionale triennale della Scuola della Medaglia a Roma, ma dopo il primo anno dovette partire per il servizio militare. Dopo la guerra aprì uno studio a Parma; nel 1921 diventò insegnante presso la Scuola Artistica di Padova e nel 1928 venne nominato Maestro della cattedra di Sbalzo all'Istituto d'Arte di Venezia. Realizzò varie opere tra le quali la scultura per il monumento ai Caduti di Montechiarugolo. Il suo interesse nel frattempo andò concentrandosi più sulla scultura che sul cesello. Si trasferì nuovamente a Milano e qui morì prematuramente nel 1934.
Coppa per il Principe di Piemonte |
Pietà |
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Data creazioneMartedì, 16 Giugno 2020
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Ultima modificaGiovedì, 27 Giugno 2024