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CANALI PER L'IRRIGAZIONE
L’irrigazione nel nostro territorio ha origini molto antiche. In particolare il canale della Spelta è certamente antecedente al 1300. Sino a fine Ottocento l’irrigazione era realizzata esclusivamente a scorrimento, con chiuse sui canali principali che alimentavano fossi primari; da questi, attraverso i fossi secondari, l’acqua scorreva nei singoli poderi, ove una serie di piccole chiuse, generalmente volanti, facevano tracimare l’acqua sui campi.
Chiusa di derivazione del canale Spelta, in zona via Ballerino. |
Il documento seguente, probabilmente di fine Ottocento, accorda il diritto di prelevare acqua dal Canale Maggiore ai proprietari del podere, un tempo i Conti Cesarini Sforza, attualmente il signor Maccari di Basilicanova.
All’inizio del Novecento si realizzarono i primi pozzi, alimentati con motori a scoppio o con l'energia elettrica, in particolare per i poderi che non avevano accesso alle reti dei canali. All'epoca la distribuzione restava ancorata ai fossi primari e secondari e l’innaffiamento avveniva per scorrimento. Nei fossi secondari le chiuse potevano essere in ferro, fissate su basi in calcestruzzo, o con semplici barriere formate da teloni sostenuti da pali, che consentivano all’acqua di tracimare dal fosso e spargersi sul prato circostante. L’acqua, oltre ad irrigare, alimentava le peschiere che rappresentavano una riserva per il beveraggio degli animali e per altri usi non alimentari.
Una prima rivoluzione fu l’adozione dei tubi, dapprima in acciaio poi in alluminio, che consentirono l’eliminazione dei fossi secondari, sia dove si disponeva di un pozzo, sia dove si applicava una pompa sul fosso primario alimentato dai canali irrigui.
La vera rivoluzione fu l’utilizzo del sistema a pioggia, una specie di idrante alimentato da una tubazione in materiale plastico che, tramite un enorme rullo, consente il lento spostamento del getto, senza intervento manuale. Il sistema è svincolato dai fossi e può operare senza l’obbligo di seguire le pendenze. Nei poderi più organizzati, dal pozzo si dipartono dorsali di tubazioni interrate che poi emergono con prese che alimentano i rulli, limitando moltissimo l’uso di tubi mobili e quindi di manodopera.
L’ultima tecnica d’irrigazione è il sistema a goccia, utilizzato nella coltivazione dei pomodori.
Paratoia ( o chiusa) volante in acciaio. Poteva servire in una postazione in calcestruzzo dotata di guide in ferro. Data la dimensione il fosso doveva essere di tipo secondario.
Chiave per regolare le chiuse dei canali – Queste chiuse, una volta serrate, fornivano l’acqua ai fossi primari adiacenti. Il possesso e l’utilizzo dell’attrezzo era, ed è tuttora, riservato al camparo, ovvero al gestore del sistema irriguo.
Tubo in acciaio – Questi tubi erano lunghi 3 metri, dotati di un lato maschio e uno femmina, che consentivano di allacciare in sequenza vari tubi e curve, formando reti che collegavano il pozzo o una motopompa al prato da innaffiare. In origine erano nati per l’irrigazione a scorrimento, in seguito sono stati utilizzati con la tecnica a pioggia, in quanto possono alimentare uno o più gettoni, a seconda delle loro dimensioni.
Gettone a pioggia – Il gettone in collezione è del tipo medio piccolo, dotato di tre piedi regolabili e di un sistema di regolazione della rotazione del getto.